LA BELLEZZA DI RECUPERARE UNA ANTICA TRADIZIONE VITIVINICOLA

L’Etna è sicuramente una delle aree vinicole tra le più interessanti nella scena enologica mondiale. La sua viticoltura ha una storia millenaria e conserva ancora oggi caratteristiche che la rendono unica: i terrazzamenti, delimitati dai muretti a secco di pietra lavica, consentono di sfruttare le notevoli pendenze dei suoli; il tradizionale allevamento ad alberello garantisce una maggiore ventilazione e insolazione della pianta.

Ampelografia

L’Etna gode di un patrimonio ampelografico esclusivo di cui – accanto al Nerello Mascalese – fanno parte altre varietà autoctone come Carricante, Minnella e Nerello Cappuccio, coltivate unicamente sulle falde del vulcano.

In seguito all’epidemia di fillossera, che sconvolse la viticoltura europea alla fine dell’800, i pochi viticoltori rimasti si videro costretti a rimpiazzare le piante ormai morte con le prime barbatelle disponibili. Per questo motivo non è raro trovare vigneti in cui, accanto a vecchie vigne a piede franco, coesistono ceppi di varietà diverse.

Microclimi

La varietà di microclimi presenti sul vulcano è di certo una delle peculiarità più affascinanti di questo territorio. Se in generale è possibile individuare dei tratti tipici dei climi montani è pur vero che la latitudine assicura una maggiore intensità di irradiazione solare che riporta a una matrice prettamente mediterranea.

Fattori profondamente diversificanti sono poi altitudine ed esposizione: il versante nord, beneficiando della protezione dei Nebrodi, gode di un clima più asciutto e di maggiore insolazione; i versanti est e sud-est, di contro, si affacciano sul mare e sono dunque caratterizzati da maggiore nuvolosità e piovosità e minore insolazione.

Suoli

Profonde diversità si riscontrano anche nei suoli, per composizione e tessitura. Le sabbie vulcaniche si presentano più o meno fini, variabile è la presenza di scheletro, diverso il contenuto in ferro ed alcali tra una colata e un’altra.

La continua attività esplosiva del vulcano e la conseguente ricaduta di ceneri e lapilli assicurano poi un’azione di fertilizzazione naturale nel medio e lungo periodo.